Qualcosa inizia a muoversi contro il calo delle vaccinazioni in Italia, ma con qualche perplessità

2 dicembre 2016

Qualcosa inizia a muoversi contro il calo delle vaccinazioni in Italia, ma con qualche perplessità

2 dicembre 2016

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Plausi e contestazioni. È la reazione provocata dalla misura varata qualche giorno fa dalla Regione Emilia Romagna la prima in Italia ad aver imposto l’obbligo vaccinale per i bambini fino ai tre anni di età. La legge prevede che i genitori potranno iscrivere i propri figli ai nidi, pubblici e privati, solo in seguito alla somministrazione delle vaccinazioni obbligatorie: l’antipolio, l’antidifterica, l’antitetanica e l’antiepatite B. Entro un mese dall’entrata in vigore della legge la Giunta regionale, attraverso un provvedimento apposito, specificherà le forme concrete di attuazione del comma sui vaccini. Per l’accesso al nido, i genitori dei bimbi non ancora vaccinati avranno tempo per presentare il certificato di avvenuta vaccinazione fino a quando non sarà accettata la domanda d’iscrizione (maggio-giugno 2017, data che varia a seconda del Comune di appartenenza). Parallelamente, la Regione si impegna a rafforzare azioni, interventi di comunicazione e informazione sull’importanza delle vaccinazioni. Sulla stessa scia il 28 novembre, il Comune di Trieste ha varato l’obbligo di vaccinazione per i bambini iscritti alle strutture comunali e convenzionati della città, sia che si tratti di nido, da zero a tre anni, sia di scuole materne da tre a sei anni. Mentre la Regione Veneto ha preferito non scegliere la strada dell’obbligo ma ha imposto alle scuole di non scendere mai al di sotto della soglia vaccinale del 90%. Decisioni importanti che dimostrano il valore del vaccino come strumento di salute pubblica, e l’impegno delle istituzioni a ribadirne l’efficacia.

La legge arriva in un momento buio per la prevenzione vaccinale le cui soglie in Italia continuano ad abbassarsi, tanto da destare preoccupazione. Per avere il cosiddetto “effetto gregge” infatti la percentuale di vaccinati dovrebbe essere intorno al 95 per cento, limite indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Questo meccanismo fa sì che se una quota sufficiente di persone è vaccinata, viene protetto anche chi non lo è.  Fenomeno importante soprattutto quando si parla di quelle fasce della popolazione più deboli che non possono vaccinarsi perché troppo piccoli o per motivi di salute, come gli immunodepressi, chi soffre di gravi patologie croniche o tumori. Per loro l’unica possibilità di frequentare la collettività è che tutti gli altri siano vaccinati. Più la copertura vaccinale è alta, più funziona come uno scudo contro virus e batteri. Più è bassa, maggiore è la circolazione di patogeni. L’accumulo di persone “suscettibili” aumenta poi il rischio di casi sporadici, anche per malattie non presenti in Italia ma potenzialmente introducibili, come la polio e la difterite, in presenza di malati o portatori provenienti da altri luoghi.

Il calo riguarda sia le vaccinazioni obbligatorie sia quelle raccomandate, mentre le uniche coperture che mostrano un incremento del dato nazionale sono pneumococco e meningococco. Secondo gli ultimi dati del ministero della Salute la copertura media per le vaccinazioni contro poliomielite, tetano, difterite, epatite B, pertosse ed Haemophilus influenzae è stata del 93,4%, in calo rispetto agli anni precedenti (94,7 per cento nel 2014, 95,7 per cento nel 2013 e 96,1 per cento nel 2012). Solo 6 Regioni hanno superato la soglia del 95 per cento per la vaccinazione anti-polio, mentre 11 sono addirittura sotto il 94 per cento. I dati di copertura vaccinale per morbillo e rosolia sono passati dal 90,4 per cento nel 2013 all’85,3 per cento nel 2015. Nel periodo 2014-15, le coperture vaccinali contro meningococco C e pneumococco registrano lievi incrementi, rispettivamente del 3,6 per cento e del 1,5 per cento, con un’ampia variabilità territoriale. Per malattie non presenti in Italia ma potenzialmente introducibili, come la polio e la difterite, i dati del 2015 mostrano un calo che, seppure più contenuto rispetto agli anni precedenti, non si arresta. “Negli ultimi 5-6 anni in Italia si è registrato un calo delle vaccinazioni tra i bambini di circa 20-30mila unità – ha spiegato Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) – passando da una soglia di vaccinazioni vicina al 99% della popolazione pediatrica a un valore poco al di sotto del 95%.  Le vaccinazioni sono infatti in calo costante dal 2012 e solo per quelle obbligatorie si sono persi 3500 bambini in più ogni anno, oltre a ben 10.500 piccoli che mancano all’appello ogni anno per l’immunizzazione contro morbillo, rosolia e orecchioni”.

Per il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini si tratta di una misura a tutela della salute pubblica e dei bimbi più deboli, che andava presa al più presto. “Siamo i primi in Italia ad adottare questa misura, aprendo la strada, visto che anche altre Regioni intendono fare lo stesso. I genitori hanno cambiato atteggiamento verso le vaccinazioni pediatriche, soprattutto per via di informazioni non corrette e prive di basi scientifiche che vengono diffuse in particolare online. Viceversa, noi abbiamo deciso che la salute delle persone va garantita e protetta, non lasciata a improbabili convinzioni o, per usare le recenti parole sui vaccini del presidente Repubblica, Mattarella, a sconsiderate affermazioni prive di fondamento. Non ci stancheremo mai di ribadirlo: i vaccini sono una delle più importanti scoperte scientifiche nella storia della medicina e rappresentano lo strumento più efficace e sicuro, a livello individuale e collettivo, per proteggere le persone, in particolare i bambini”.

D’accordo il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e lo stesso Ricciardi, che ha dichiarato di apprezzare l’iniziativa auspicando però ce arrivi presto una legge nazionale varata dal Parlamento. Sulla stessa linea anche Nicola Zingaretti presidente della Regione Lazio che ha dichiarato di voler presentare al Consiglio regionale la legge sull’obbligo dei vaccini per i bimbi che vanno al nido. Mentre la Lombardia ha affermato di preferire la strada dell’informazione, sensibilizzando e responsabilizzando le famiglie, senza obbligare nessuno.

Nonostante si tratti di un’iniziativa necessaria per proteggere i più deboli, sono diverse le criticità sollevate da diverse parti. Diverse le parti che pur confermando l’utilità dei vaccini hanno criticato il metodo sostenendo che questa obbligatorietà che non farà altro che allontanare ancor di più quei genitori che oggi, a causa anche della scarsa informazione, continuano a non voler vaccinare i propri figli.

Mentre secondo il Codacons si tratterebbe addirittura di una legge incostituzionale: “La norma introduce come requisito la somministrazione dei vaccini obbligatori previsti dalla normativa vigente, e quindi quello antipolio, antidifterica, l’antitetanica e l’antiepatite B. In Italia però non esista il vaccino tetravalente, e chi vuole vaccinare i propri figli sarà costretto a far iniettare loro l’esavalente, che contiene anche pertosse e infezioni da Haemophilus influenzale di tipo b. Gli asili che adotteranno la norma rischiano di essere denunciati per abuso di atti d’ufficio e violenza privata, non potendo i genitori somministrare ai figli i soli 4 vaccini obbligatori previsti, costringendoli così a ricorrere all’esavalente”.

L’unica alternativa resterebbe sottoporre i propri figli a quattro vaccinazioni singole, sottoponendoli così a più iniezioni e a un maggior dosaggio di eccipienti e adiuvanti. La somministrazione unica serve infatti proprio per limitarle a andare a vantaggio dei bambini. “Dal punto di vista strettamente giuridico si crea un inghippo – ricorda Roberta Villa su scienzainrete – perché di fatto costringe a fare, insieme alle obbligatorie, anche le due vaccinazioni raccomandate. Sebbene queste siano perfino più importanti nell’interesse del bambino, nessuno può costringere i genitori a farle fare ai loro figli”.