Le “cure miracolose” continuano a spopolare in rete con gravi rischi

10 ottobre 2016
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Qualcuno l’ha definito come un “nuovo Medioevo” un’epoca di oscurantismo e di debolezza culturale che tocca diversi settori della scienza. Dai vaccini fino all’oncologia, come insegnano i recenti episodi di cronaca verificatisi in Italia. Già nel gennaio del 2014 l’Agenzia italiana del farmaco aveva pubblicato un vademecum rivolto ai pazienti su come evitare le cosiddette “cure miracolose”. Rimedi alternativi ai tradizionali, accusati talvolta di essere unicamente uno strumento di guadagno per Big pharma. Rimedi troppo miracolosi per essere veri, privi di fondamento scientifico ma che soprattutto negli ultimi tempi, grazie al web, spopolano in rete con migliaia di seguaci.  Così è notizia di questo mese la morte di due donne che hanno rifiutato la chemioterapia per seguire il metodo elaborato da Ryke Geerd Hamer, medico tedesco radiato dall’albo, convinto che i tumori abbiano un’origine psichica. Una delle cure alternative contro il cancro al momento più diffusa sul web. Prima Eleonora, 18 anni, affetta da una leucemia linfoblastica acuta, curabile secondo chi l’aveva in cura. Poi un’altra donna di 34 anni, con un tumore al seno che sarebbe potuta guarire dopo l’intervento, se avesse effettuato la chemioterapia, a cui ha volontariamente rinunciato.  “La leucemia linfoblastica acuta rappresenta uno dei modelli più clamorosi di successo nell’oncologia pediatrica – spiega Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Onco-ematologia pediatrica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – oggi curiamo l’80% dei casi con le terapie di prima linea e un altro 5-10% con quelle di recupero. Un dato impressionante, anche solo rispetto a pochi anni fa, che per gli adolescenti è del 75-80%, quindi stiamo parlando di probabilità molto alte”.

A dire il vero di cure “alternative” soprattutto in Italia si parla da ben prima del prima del 2014. A iniziare con il siero di Bonifacio negli anni ’70, passando per il metodo Di Bella e concludendo con il più di recente metodo Stamina, per citarne alcuni (quest’ultima “cura miracolosa” non rivolta ai tumori ma alle malattie neurodegenerative, diede molto da fare a comunità scientifica e istituzioni e probabilmente scatenò la suddetta risposta dell’Aifa). La rete insomma offre una variegata gamma di soluzioni pseudoscientifiche contro i tumori, dal bicarbonato di sodio all’aloe, dal metodo Hamer alla terapia Gerson. Tutte basate su altrettanto improbabili teorie che ne giustificherebbero l’utilizzo. Come il bicarbonato di sodio che secondo Tullio Simoncini, ex medico italiano radiato dall’albo, riuscirebbe a debellare la malattia neutralizzando l’ambiente acido che si crea attorno al tumore, sorto appunto come reazione alla Candida Albicans. Un fungo.

Il problema è che in Italia in parte “paghiamo una mancanza di cultura scientifica e una diffidenza nei confronti della medicina ufficiale – continua Locatelli – dando così ingiustificato credito a chi promette facili guarigioni. Occorre contrastare questa mancanza e intercettare il bisogno di messaggi rassicuranti che altrimenti rischia di aprire la porta a stregoni e guru, complice la fragilità psicologica di chi sta vivendo un momento tanto difficile. È umano cercare risposte confortanti, avere paura di affrontare una terapia come la chemio e i suoi effetti. Ma queste cure tradizionali tanto vituperate hanno ottenuto risultati reali, e rinunciare a preziose possibilità per vincere una malattia che oggi è possibile battere è davvero sconcertante”.

Complice allora, si potrebbe ipotizzare, anche una mancata o errata comunicazione proprio sui sistemi di cura tradizionale. Come la stessa chemioterapia, di cui di recente si è parlato a proposito di una ricerca pubblicata su “Lancet Oncology”, secondo cui i farmaci contro il cancro possono nuocere gravemente fino al 50% dei pazienti. L’indagine ha rilevato che in Inghilterra circa l’8,4% dei pazienti con cancro del polmone e il 2,4% di quelli affetti da tumore del seno sono deceduti entro un mese dall’avvio del trattamento. “Questi risultati in realtà non mettono sotto accusa e demonizzano la chemioterapia – spiega Carmine Pinto Presidente Nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) – ma se da una parte confermano le criticità dell’assistenza oncologica in Gran Bretagna che presenta i tassi di sopravvivenza per tumore più bassi dell’Europa Occidentale, dall’altra dimostrano ancora una volta che un’adeguata scelta e gestione delle terapie oncologiche e in particolare della chemioterapia può avvenire in oncologia medica, con operatori formati e costantemente aggiornati che conoscono strategie di cura, efficacia e tossicità dei farmaci e soprattutto il malato oncologico nella sua globalità”.

Insomma la chemioterapia non deve fare paura secondo Pinto. “Non è più quella di 30 anni fa, oggi sono disponibili farmaci efficaci e controlliamo meglio gli effetti tossici delle cure. Inoltre l’introduzione delle terapie target e dei nuovi farmaci immuno-oncologici ha cambiato in maniera importante le prospettive di cura e di sopravvivenza. Oggi grazie a queste innovative cure e al progresso della scienza non possiamo più parlare di male incurabile”.